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CRO senza dati, è possibile?

Overview

Un e-commerce multibrand nel settore fashion-luxury si è rivolto a noi per migliorare il conversion rate del proprio sito.
Le risorse che avevamo per questo compito erano molto ridotte sia in termini di budget, tempo, ma soprattutto dati da cui partire per le nostre analisi.
Date queste premesse abbiamo deciso di ricorrere a piccoli interventi mirati sugli aspetti più critici della journey.

Risultati

Il conversion rate è più che raddoppiato rispetto al periodo precedente.

cliente

E-commerce multibrand

anno

2024

settore

Fashion-Luxury

tool usati

GA4, Looker Studio

KPI monitorati

Conversion Rate, Cart-to-view-rate

Situazione di partenza

La situazione era molto critica: il CR di partenza era molto basso (0,2%) e non avevamo dati a sufficienza per svolgere le consuete analisi del comportamento degli utenti.
Budget e tempo limitati non ci hanno permesso di implementare tool che ci potessero fornire più insight sugli utenti.

Noi mentre cerchiamo i dati da cui partire

Obiettivi

Nonostante queste premesse l’obiettivo non cambiava: aiutare il cliente ad aumentare il conversion rate.
Abbiamo perciò dovuto ricorrere a metodologie meno precise e con meno garanzie di successo.
Insomma, abbiamo rischiato.

Cosa abbiamo fatto

Siamo partiti analizzando i pochi stream di dati a disposizione: Google Analytics e alcuni report su Looker studio.
Abbiamo incrociato questi dati con un’analisi euristica delle principali pagine del sito: Home, PDP, PLP, carrello e tutto il processo di checkout. In quest’ultimo abbiamo riscontrato i problemi maggiori e infatti è dove abbiamo concentrata la maggior parte del nostro intervento.

Sì ok, ma nel concreto?

Calma, adesso ti spiego tutto. Gli interventi principali che abbiamo fatto sono stati questi:

  • Alcune modifiche al layout delle informazioni del prodotto in PDP.
  • Sia nel carrello che nel checkout i costi di spedizione non erano chiari e l’utente se li trovava solo nello step prima del pagamento. Li abbiamo inseriti nel recap dell’ordine fin da subito.
  • Riduzione degli exit point durante il checkout inserendo una versione semplificata del menu e del footer, così da disincentivare l’utente ad uscire dal processo.
  • Riduzione del numero di step nel ckeckout da 4 a 3 (e da 3 a 2 se l’utente è loggato) unendo spedizione e fatturazione
  • Da mobile abbiamo reso sticky il bottone per proseguire allo step successivo del checkout.
  • Nello step del pagamento abbiamo rivisto l’ordine dei blocchi, privilegiando la selezione del metodo di pagamento rispetto al recap dell’ordine.
  • Qui abbiamo risolto anche un altro problema che si presentava se si selezionava il pagamento con Scalapay. Questa modalità infatti, è disponibile solo per ordini sopra ad una certa soglia, ma questa informazione era poco chiara e visibile solo nella pagina delle informazioni generali di pagamento. Perciò l’abbiamo inserita sia nel carrello che sotto al box di selezione di questo metodo di pagamento.
Un esempio di pagina analizzata

Risultati

Nonostante un approccio not-so-much-data-driven abbiamo ottenuto degli ottimi risultati. Questo essenzialmente per un motivo: siamo dei geni.
Ok non è vero (o forse un pochino sì dai), ma vedere un conversion rate più che raddoppiato (+147,7%) e il cart-to-view-rate aumentato del 43,5% ci ha fatto capire che siamo sulla strada giusta.

Conversion rate

I dati sul Conversion Rate Period-over-Period ricavati da Looker Studio parlano chiaro.
Nel primo grafico vediamo come il conversion rate a partire dal 23 aprile (data in cui sono state messe live gran parte delle modifiche descritte), siano in aumento rispetto al periodo precedente del 147,7% (linea più chiara).
Nel secondo grafico ho inserito una serie temporale più ampia che prende in considerazione anche i mesi precedenti, per dare un’idea dell’impatto delle modifiche.

Cart to view rate

Il CTV rate ci aiuta a capire l’efficacia della PDP e delle relative modifiche.
Abbiamo notato un incremento del 43,5% nel periodo immediatamente successivo all’implementazione delle modifiche (primo grafico), per poi stabilizzarsi nel corso del tempo (secondo grafico).
Questo perchè il CTV è metrica è influenzata anche da fattori esterni al nostro intervento, come ad esempio l’inizio di una campagna di promozioni, che rende di per sé i prodotti più appetibili e quindi contribuisce ad aumentarne il valore. 
In conclusione però, l’incremento che abbiamo visto è stabile ed attribuibile al nostro intervento.

Don’t try this at home

O meglio, non provate a rifarlo coi vostri progetti.
Nel mondo ideale vorremmo poter sempre seguire i processi facendo tutti gli step nel modo corretto, ma nella realtà a volte questo non è possibile.
In questo progetto abbiamo rischiato e ne eravamo consapevoli.
Le ragioni che hanno portato a questa situazione sono state al di fuori del nostro controllo, ma la nostra esperienza da UX designer ci ha permesso di proporre modifiche della cui efficacia eravamo fiduciosi e portare al cliente dei risultati anche in queste circostanze.

Next step

Grazie a questi risultati siamo riusciti a far capire al cliente l’importanza del nostro lavoro e l’impatto che può avere un’analisi ancora più accurata e basata su dati più precisi e completi.
La vera sfida inizia ora. Fino adesso ci siamo occupati del più grosso, ma manca ancora il lavoro di fino. A breve inizieremo a raccogliere altri tipi di dati per comprendere meglio il comportamento degli utenti sul sito con strumenti come Hotjar e in seguito con altri per effettuare A/B test.
In questo modo potremo capire meglio l’impatto delle modifiche apportate nella prima fase e proporne di nuove, più precise, mirate e soprattutto supportate da dati più stabili e precisi.

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